A proposito di globalizzazione

Il mondo è un globo e la globalizzazione c’è: è un dato di fatto.

Io sono favorevole a una forma di protezionismo che non va però inteso come “tiriamo su le barriere e blindiamoci nella nostra “isola felice”. C’è chi lo ha fatto, ma sono piccole realtà come Svizzera o Principato di Monaco. Se ve ne fossero altre venticinque, o trenta, in Europa, di situazioni simili, ovvio che tutto cambierebbe, e in peggio. No, non è quella la direzione auspicabile.

Quello che auspico è invece un percorso lunghissimo – probabilmente nella mia vita non lo vedrò completato – ma imprescindibile. Ma in qualche modo dobbiamo porre fine al sistema attuale. All’inizio di questo libro (parlavo dei genitori che mandano i propri figli in un “buco” in una miniera… beh, oggi accade questo, non ad Alessandria o in Inghilterra, ma in Congo e altri paesi così ci sono ragazzini di dieci, sette, anche cinque anni, mandati nei “buchi” a prendere coltan. Noi non li vediamo, ma è così che funziona, salvo però poi lamentarsi perché abbiamo qualche milionata di extracomunitari che cerca di entrare in Europa. Che cerca di uscire da quel buco. E presto – a causa dei disastri ambientali che causiamo da decenni – avremmo qualche altra milionata di migranti climatici.

Sono tutti equilibri di cui noi siamo in qualche modo artefici.

Non basta dire “aiutiamoli a casa loro”, non è quello il punto. La questione è che va proprio ripensata alla radice la logica di un sistema economico che – per quanto facciamo finta – è lo stesso del Medioevo con i feudatari e con i servi della gleba. Solo che i servi della gleba stanno in un altro emisfero e non più nelle campagne fuori dalle mura del villaggio.

Chi ha, tende ad avere di più, è sempre stato così. Soltanto che una volta era un comune sentire, accettato come ineluttabile, e nessuno si scandalizzava dello sfarzo delle grandi corti come Buckingham, Versailles o i vari Palazzi italiani da una parte, mentre la gente moriva letteralmente di fame dall’altra. Nessuno se ne scandalizzava, era così.

Oggi – ugualmente – nessuno si scandalizza che ci siano tonnellate di alimenti buttati perché sono scaduti, che ci siano bambini obesi in Europa e negli Stati Uniti, mentre in Africa centinaia di migliaia di bambini muoiono di fame.

È uguale, non è cambiato niente, se non le distanze fisiche tra un eccesso e l’altro.

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