Nuovo compagno, nuova avventura

A., come dicevo, è un’altra storia. Mi stavo separando dal mio – ormai ex – marito, e da pochi mesi stavo con lui, con A., e in quel periodo arrivò la mia seconda figlia! Il periodo era complicato: le tensioni in famiglia, una famiglia tradizionalista che doveva “digerire” il mio divorzio, e poi il lavoro… ma per fortuna almeno la gravidanza fu molto tranquilla e senza complicazioni cliniche.

Io lavoravo, nel frattempo avevo sviluppato la mia carriera in azienda, avevo avuto un grandissimo successo, sono stata la più grande acquisitrice di nuovi clienti. Insomma avevo fatto carriera velocemente, cosa che aveva molto inorgoglito A..

Giorgia è nata per caso e per miracolo devo dire! Ma andiamo con ordine. Avevo un ginecologo consigliatomi caldamente da una collega dei corsi del Fondo Sociale Europeo, che mi disse: “Io vado da questo medico perché è veramente sensibile. Quando in gravidanza va tutto bene, un medico vale l’altro, ma se ci sono problemi, devi poterti affidare a qualcuno di speciale, e lui lo è, se ci sono dei problemi, lui li risolve”. Se ci penso a posteriori fu una sorta di preveggenza: la sera stessa in cui nacque Giorgia, quel ginecologo salvò la vita ad altri tre bambini!

Insomma, scelsi questo medico come ginecologo di fiducia per la gravidanza. Nell’ultima visita di controllo mi disse: “Ci vediamo il 23 di dicembre, quando avrò tutti gli orari dei turni delle vacanze di Natale”. La mia fatidica data era prevista per il 5 di gennaio, quindi voleva essere sicuro di effettuare di persona gli ultimi controlli prima del parto. Quel giorno eravamo appena tornati dalla cena aziendale di fine anno, a Bologna, io non ero stata molto bene il giorno prima ma non ci avevo fatto caso. Fissato l’appuntamento, ci salutammo scambiammo gli auguri e… tornò subito indietro: “Ma come sta? Non le ho neanche chiesto come sta”. E io: “Mah guardi bene, non c’è niente di strano, ieri ho avuto durante la mattina un episodio in cui mi sono sentita strana, non saprei nemmeno dire cosa, la testa che mi girava, sensazione di vertigine ma poi è passato, la bimba non si muove molto però è normale”. Insomma, tutto nella norma, ma il medico all’ultimo mi disse: “Senta ma abbia pazienza, si avvicina Natale, per scrupolo facciamo un monitoraggio”. A me sembrava un eccesso di zelo, ma fu proprio durante il monitoraggio che fu subito chiaro che qualcosa non tornava: il battito aveva un andamento diverso dal normale. Era presente anche l’ostetrica, la stessa che aveva fatto nascere S., un’ostetrica davvero brava, e anche lei era perplessa. Il medico mi disse: “Guardi io la farei nascere stasera, tanto più o meno siamo a termine: il peso era stimato tra i 3 kg e i 3,5 kg quindi ci siamo. Ha un battito strano, non fuori dai parametri, ma rallenta e poi accelera di continuo, sempre entro i parametri, però in modo anomalo. In altre condizioni l’avrei mandata a casa, ma è il 23 di dicembre, in caso di emergenze, a Natale, non trova nessuno… Mi dia retta, facciamola nascere”.

E così mi somministrarono l’ossitocina, chiamai i miei e dissi: “Guardate che non torno a casa perché devo far nascere la bambina”. Quando arrivò l’anestesista per farmi l’epidurale il battito crollò all’improvviso, e il medico disse: “Non possiamo aspettare, qui c’è qualcosa che non va e bisogna fare subito un cesareo”. Io non volevo fare il cesareo ma l’ostetrica mi guardò negli occhi e disse: “Se questo Dottore ti dice di fare il cesareo, non pensarci neanche 1 minuto e mezzo, fai il cesareo”.

G. è nata con l’emoglobina a 4: completamente bianca. In ospedale la ricordano ancora oggi come “la bimba fantasma”. Non produceva globuli rossi: si era verificata una inversione feto-materna, per cui io invece di alimentarla prendevo da lei: si era completamente svuotata e dava a me.

La portarono subito all’Ospedale Infantile di fronte. Io lì non c’ero perché, essendo operata, dovetti stare ricoverata nel mio reparto. L’ansia era grande. Dopo una, due trasfusioni, ancora nessun risultato: non produceva globuli rossi. Dovettero intubarla per la respirazione, ebbe qualche segno di ipossia. La davano per spacciata. Il medico era affranto, ma se non l’avesse fatta nascere subito, quella sera stessa, la bimba sarebbe nata morta. Nessuno sapeva che cosa avesse, non c’era una diagnosi chiara, semplicemente non aveva globuli rossi, senza nessun motivo apparente… non li produceva.

La seguiva A., che disse: “Mia figlia non muore”, e si piazzò li per due giorni, facendo la spola tra l’incubatrice e il mio capezzale. La bimba ebbe un collasso cardiocircolatorio, aveva ceduto il cuore e allora le avevano messo una sonda, con una sorta di pacemaker: era tutta piena di tubi. Quando mi potei alzare dal letto, mi portarono da lei. Io avevo molto timore a vederla: se non fosse sopravvissuta – ipotesi in quel momento assai probabile – ne avrei sofferto davvero troppo… ma A. mi disse: “Tu devi venire e dirle che vuoi che rimanga qua, che stia qua con noi, che l’amiamo, che le vogliamo bene”. Era il giorno di Natale, lei era sedata, praticamente sotto morfina, ma comunque me la diedero per farle poppare il mio latte. E così, nel giro di un giorno e mezzo, il miracolo: piano piano si riprese, e iniziò a produrre i globuli rossi. Io venni dimessa, ma ogni giorno andavo da lei in terapia intensiva per attaccarla al seno. Un giorno ci chiamarono dicendo che la dichiaravano fuori pericolo, dato che le funzioni vitali si erano stabilizzate.

Potevamo vederla un’ora al mattino e una al pomeriggio in queste stanze di terapia intensiva, dove vedi veramente di tutto, ci sono bambini tra la vita e la morte. Lo staff medico era veramente eccezionale: tutti molto capaci e molto empatici, tutti bravissimi! Poi  venne il neurologo, che aveva dei modi tutti suoi… fece i dovuti esami, e mi disse: “E’ una bambina normale, nessun tipo di problema, ha buone possibilità di essere scema come tutti gli altri bambini che ci sono in giro”. Non fu un granché, come riscontro, ma quantomeno fu rassicurante!

Io mi aspettavo un periodo lunghissimo di riabilitazione e degenza, mentre dopo solo una settimana ci dissero: “Potete portarla a casa”. Mano a mano nei giorni, si erano stabilizzate tutte le funzioni vitali, e le avevano staccato tutti i tubi e macchinari, non era necessario neanche spostarla al nido dell’Ospedale. Ma noi fummo presi alla sprovvista: a casa non c’era nulla di pronto, per Giorgia, non avevamo la culletta, non avevamo niente! Ma l’importante era che la bimba potesse finalmente venire a casa con noi…la fine di un incubo.

Era bellissima, è stata la bambina più bella e più buona del mondo, ed è sempre stata la “mascotte” di tutti noi.

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