Imprenditrice e studentessa: l’estate della “Pinetina”

E così frequentavo l’Università con profitto, e… annoiandomi.  Nel frattempo, continuavo a trascorrere il tempo libero, nei weekend d’estate, a Strevi, dove ero anche fidanzata con un ragazzo.

Ai tempi, i giovani della zona non avevano nessun luogo dove passare la serata. Per bersi una birra in compagnia, un panino, ascoltare un po’ di musica, erano costretti a percorrere 40 Km di provinciale, fino alla più vicina birreria o paninoteca.

Ci chiedevamo: “Ma è possibile che per trovare qualcosa da fare il sabato sera, si debbano ogni volta fare decine di chilometri in macchina?”; se a questo aggiungiamo la noia di un percorso di studi che non mi appassionava,  il fatto che i genitori del mio fidanzato gestivano un bar, che da sempre erano impegnati in questo campo, e che  anche lui faceva un lavoro che non gli dava nessuna soddisfazione… il passo fu quasi automatico: “Senti, ma perché non apriamo noi un bel locale? Ci apriamo una bellissima birreria, tu sei bravissimo, mi insegni come si fa, io faccio tutta la parte di marketing, di gestione, contabile e quant’altro e tu fai la parte tecnica. Se pensi soltanto alla nostra combriccola di amici, siamo una marea, e in tutti i paesi qua vicino non c’è un posto dove andare”.

I suoi genitori si affidavano a una banca del posto, la cui cassiera era proprietaria dei muri – appena ristrutturati – di un locale che non volevano mai dare in gestione a nessuno perché non si fidava. Proponeva però di affidarlo alla famiglia del mio fidanzato, che era restia, e loro proposero di affittarlo a noi.

Insomma andammo a vedere questo posto che si prestava benissimo, nel paese – Castelnuovo Bormida – in cui successivamente avrei poi abitato e comprato casa. Un locale storico degli anni ‘60/’70 poi chiuso, ma appena ristrutturato. Nuovo, perfetto, con davanti un bellissimo parco secolare, il canone di affitto era assolutamente ragionevole, in più, per agevolarci non avremmo pagato l’affitto fino all’effettivo inizio delle attività, quindi gratis per tutta la durata dei vari lavori che avremmo fatto dentro. Io ero una imprenditrice già all’epoca: lavoravo per mio papà che mi pagava, gestivo uno dei suoi appartamenti e prendevo anche da lì un po’ di soldi, quindi avevo da parte un po’ di risparmi, dato che non spendevo quasi nulla. Insomma, un gruzzoletto lo avevo da parte, un po’ di soldi me li ha prestati mio papà, un po’ di soldi li ha prestati la mamma di questo ragazzo. I vari fornitori – più di noi – avevano capito la potenzialità  del posto, quindi facevano a gara a fornirci allestimenti in cambio di contratti di fornitura: chi ci ha dato le seggiole per il dehor pur di darci i gelati, chi ci dava pezzi di arredamento pur di portarci le birre, eccetera. Chiaramente la mamma aveva messo la sua expertise sui fornitori. Nel territorio comunale non c’era nessun altro locale, quindi siamo andati in Municipio, abbiamo chiesto la licenza e l’abbiamo ottenuta gratuitamente. Praticamente con un investimento ridicolo, abbiamo aperto un locale che aveva più di cento posti a sedere dentro e almeno duecento fuori.

Indimenticabile la serata inaugurale. Era il 22 o il 23 di maggio e noi pensavamo che non sarebbe venuto nessuno. Ci dicevamo: “Sai ci vorrà un po’ di tempo per farsi conoscere…”. Non eravamo neanche preparati, eravamo io e lui. Nei paesi si usa così: inaugurazione al pomeriggio, benedizione del parroco, un pochino di gente al buffet gratuito, ci era venuta ad aiutare la mamma del mio fidanzato che ci disse “Adesso piano piano prenderete il giro”. Io avevo affisso qualche manifesto… La sera alle 21.30 si son presentate non meno di 300 persone! Tutte insieme, contemporaneamente, e rimasero fino all’alba: alle sei del mattino non avevamo più nulla, avevamo esaurito tutte le scorte di cibo e birra!

E da lì abbiamo iniziato a lavorare come matti.

Questa è la storia di come è (ri)nata La Pinetina. Si chiamava già così, avevamo mantenuto il nome storico, e avevamo aggiunto – al nome – “di Barabba”, a lui piaceva il gioco di parole Bar-Abba: “La Pinetina di BarAbba”.

La Pinetina era un locale già molto conosciuto perché negli anni ’60 vi si ballava, e ci erano passati i grandi nomi: Mina, i Rock, i Nomadi. E in più – come già spiegato – in una vasta zona, era l’unico locale aperto la sera e la notte, quindi il successo fu immediato. L’investimento iniziale fu ripagato tutto già a settembre, quattro mesi dopo l’inaugurazione.

Lavoravamo tutti i giorni dalle 21 alle 6 del mattino perché l’utenza era molto variegata: chi passava per un caffè, quelli che trascorrevano da noi la prima parte della serata, quelli che passavano l’intera serata con i giochi in scatola, mangiando, etc.; e poi arrivava chi tornava dalle discoteche e voleva un panino o la pizza, o un piatto di pasta prima di andare a dormire. Insomma, un flusso ininterrotto, e il sabato e la domenica ci lavoravamo in 10 o 12.

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