GRANO E PASTA CONTAMINATI: VELENO O BUFALA?

GRANO E PASTA CONTAMINATI: VELENO O BUFALA?

In questi giorni stanno circolando con insistenza notizie discordanti in merito alla qualità del grano e della pasta che consumiamo in Italia. Tra bufale e mezze verità ho ritenuto opportuno fare un po’ di chiarezza.

 

LA SITUAZIONE ITALIANA

Attualmente l’Italia è il primo Paese in Europa nella classifica dei produttori di grano duro per pasta: vantiamo 1,3 milioni di ettari di superficie coltivata, per una produzione pari a 5,1 milioni di tonnellate, con Puglia e Sicilia a fare la parte del leone con il 40% del dato totale. Tuttavia questi numeri non bastano a soddisfare il fabbisogno nazionale: oggi riusciamo infatti a coprirne solo il 60%.

 

IMPORTAZIONI

Per questo siamo costretti a importare 2,3 milioni di tonnellate dall’estero, principalmente dal Canada e dagli Stati Uniti.

Poiché proprio dal Canada provengono quasi 1,2 milioni di tonnellate, si può affermare con relativa certezza che un pacco di pasta su cinque, pur prodotto in Italia, contiene grano canadese.

Questo grano è stato verosimilmente trattato con glifosato, un pericoloso diserbante ritenuto probabilmente cancerogeno dallo IARC, poiché nei Paesi extra europei è prassi comune aggiungerlo nella fase immediatamente precedente alla trebbiatura. Una pratica vietata in Italia, ma che non impedisce a tutti noi di ingerirne in quantità considerevole tramite la pasta prodotta con grano importato.

 

LE SOSTANZE NOCIVE PRESENTI NEL GRANO E NELLA PASTA

In realtà la questione è più ampia e complessa. Glifosato, metalli pesanti e micotossine sono presenti nel grano e nella pasta che consumiamo ogni giorno, come hanno rilevato diverse inchieste, da ultima quella dell’associazione di produttori GranoSalus che ha svelato come in taluni casi vengano addirittura superati i valori limite consentiti, ma la problematica non va sottovalutato nemmeno quando questi rientrano nelle limitazioni imposte dalla legge.

Sì, perché il problema è tutto europeo e risponde al nome di Regolamento 1881/2006. Tale legislazione comunitaria fissa i valori massimi per sostanze contaminanti nel grano e, quindi, nella pasta, ed include le micotossine e i metalli pesanti come mercurio, cadmio e piombo. Tuttavia questi limiti sono troppo alti perché tarati su un consumo medio di pasta pari a 5kg a persona l’anno; il consumo tipico di un nord-europeo, insomma, ma che è ben lontano da quello di un italiano, che è quasi cinque volte superiore.

 

RISCHI PER LA SALUTE

Si evince, dunque, che il rischio esiste. Ed è ragionevole pensare che sia maggiore con il grano straniero poiché per arrivare in Italia affronta lunghi viaggi in stive di navi non sempre adatte ai trasporti alimentari per via delle condizioni di umidità o della mancanza di ricircolo d’aria.

Inoltre i Paesi di provenienza con climi più freddi e umidi, come ad esempio il Canada, favoriscono la formazione di micotossine, un problema che si può verificare con qualunque tipo di grano non correttamente conservato. Ultimo, ma non ultimo, vi è l’ostacolo legato allo stoccaggio che non sempre, sia in Italia che all’estero, viene eseguito in condizioni corrette.

 

IL CETA

Il CETA, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada, già ratificato dal Parlamento Europeo, entrerà in vigore dal primo aprile 2017.

Il trattato rimuove i dazi doganali su oltre il 90% dei prodotti, incluso il grano, anche se solo sotto una certa soglia. Infatti è stata stanziata una quota iniziale di 30.000 tonnellate di grano all’anno, che crescerà fino a 100.000 tonnellate nell’arco dei prossimi 7 anni. E purtroppo, è inutile nasconderlo, si tratterà di grano di bassa e media qualità.

Per questa, e molte altre ragioni, il M5S a Bruxelles si è opposto strenuamente al CETA, non riuscendo purtroppo ad impedirne la ratifica: un autentico scempio che è “gentile” omaggio dei deputati di Forza Italia, PD e NCD dimostratosi, una volta di più, totalmente noncuranti della salute e del futuro dei cittadini…

 

Mar. 2017

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